Circa diciassette anni fa ho avuto la fortuna di fare un corso dal titolo “Genitori efficaci”… che all’inizio confondevo con efficienti.
Questo corso era tenuto da personale autorizzato e basato sul metodo Gordon. Pensate: in America, già dal 1962, esistevano corsi per migliorare i rapporti, la comunicazione e la gestione emotiva tra genitori e figli.
Questo metodo è incentrato sul riconoscimento del “problema”, del conflitto. Soprattutto si basa sul fatto che, se riconosco che il conflitto è generato da me, genitore, che ho delle aspettative su mio figlio e che il tradimento di queste aspettative genera in me uno stato di frustrazione, è importante riconoscere se le aspettative che ho sono buone, nel senso che viaggiano nell’interesse della crescita del bambino, oppure sono condizionamenti che magari posso aver ricevuto e che perpetuo, non avendo altri riferimenti migliori.
Vi sono anche, e questi sono la parte preponderante degli errori che i genitori fanno con i figli in assoluta buona fede, i momenti in cui il figlio adolescente rientra a casa e capiamo che ha un problema, ma, appena ce ne fa cenno, usiamo uno dei seguenti comportamenti: drammatizzare, sminuire, consolare, offrire una soluzione, deriderlo, scherzarci su, cambiare immotivatamente argomento, proporsi come intermediari per risolvere l’eventuale litigio, indurre risposte con domande che implichino un sì o un no… insomma, impedire al figlio di trovare da sé la soluzione del problema.
Ora, mi direte, e come faccio se non ho seguito il corso Gordon e magari non ho la possibilità, il tempo o la voglia? Quello che vi suggerisco di fare è il mirroring, in altre parole fungere da specchio per vostro figlio.
Lui afferma una cosa del tipo: “Il professore di matematica è un pazzo, vuole che facciamo venti esercizi in un’ora!”? Quello che vi chiedo di fare è dire più o meno questo: “Così il professore di matematica vuole che facciate venti esercizi in un’ora… e pensi che sia pazzo”. Questa frase, va detta nel modo più neutro possibile, senza caricarla emotivamente, con distacco, non da robot, ma con la maggior calma possibile, senza ridere o sorridere ma cercando di usare le stesse parole che ha usato vostro figlio. Il procedimento indica che alla successiva frase di vostro figlio, continuiate a fargli da specchio, in modo che lui stesso trovi una soluzione che non implichi, né azioni di forza contro il professore, né fughe dalla scuola… insomma permettendo a vostro figlio di ragionare a voce alta con se stesso (in pratica voi siete solo un ripetitore che abbassa il tono emotivo del problema): sarà lui stesso a trovare la soluzione, magari confrontandosi con il professore stesso in modo pacato, cercando di capire le sue scelte e mediando, magari con gli altri studenti, la questione.
C’è da ricordare una cosa. Per fare il mirroring dovete essere calmi e tranquilli, se siete in un momento in cui siete agitati, arrabbiati, tesi, prima fate mirroring con voi stessi! Calmatevi, e poi potete dare una mano a vostro figlio. Gordon, infatti, sottolinea che possiamo far bene solo se a nostra volta siamo in uno stato di benessere. Se invece vi capita di essere un po’ troppo sotto pressione, allora sarà bene comprarsi un manualetto di PNL (programmazione neurolinguistica) per capire come funzioniamo, e poi, come faremmo con il PC quando comincia a “dare i numeri”, bisogna resettare il sistema.
Spero di esservi stata utile. Cari genitori, buon lavoro!