Non è tutto come sembra

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Hai visto il video? Prima di proseguire la lettura vedilo, è brevissimo e anche bello.

A volte pensiamo di essere elefanti, e invece siamo giraffe. Non solo. A volte gli altri ci dicono ciò che siamo e noi lo rinforziamo, credendoci. Ma poco importa ciò che finora abbiamo creduto, perché ciò che crediamo di noi, nasce da un bisogno naturale che è la creazione della nostra identità. Share on X

La questione dell’identità oggi la indago da questo punto: l’inganno di noi come entità fissa, cosa che ci dà apparentemente dei vantaggi, ma solo apparentemente.

Il fatto che il nostro corpo occupi uno spazio fisico, che abbiamo abitudini quotidiane, che frequentiamo più o meno stabilmente colleghi di lavoro, familiari, luoghi, crea l’inganno della permanenza. Permanenza come fissità, stabilità, immobilità.

Eppure dovremmo saperlo. Nulla permane. Siamo abituati a pensarlo della vita, oggi siamo qui, domani chissà.

Ma se invece arrivassimo a pensarlo di ogni cosa che compone la nostra vita, invece di farcene spaventare, potremmo farne buon uso. Restiamo intrappolati nelle regole sociali non scritte: non deludere le aspettative, sia nostre su di noi che di altri su di noi, che nostre sugli altri, perché aspettarsi un determinato comportamento è ok e trovarsi di fronte qualcosa di diverso, non è ok, tradisce le nostre aspettative e ci lascia in uno stato emotivo diverso da quello che volevamo provare.

Se invece cambiassimo prospettiva?

Se invece di continuare ad immaginarci un determinato risultato, che a volte non è neppure quello che vorremmo, ma è quello che ci aspettiamo accada, cominciassimo a pensare che tutto è molto più plastico, variabile, sorprendente?

Il punto nodale su cui siamo chiamati a riflettere è: preferisco che le cose vadano sempre come mi aspetto perchè non sono pronto all’eventuale carico emozionale che un cambio di risultato potrebbe darmi, oppure preferisco rischiare un’emozione diversa ed approdare a qualcosa che non mi aspetto?

Se incominciassimo a pensare alla realtà come un’immenso puzzle multidimensionale, in cui cambiando una tessera del tassello si crea una realtà diversa, questo pensiero, quale emozione mi dà?

Perché il punto è tutto lì, nel rapporto tra ciò che mi aspetto e ciò che succede. Se vivo ciò che succede, come opportunità per crescere, non interpreto ciò che succede come un bene o come un male, ma semplicemente come una cosa che succede per vivere pienamente la mia vita.

La nostra tendenza naturale è immaginare ciò che succederà come una realtà, forse facciamo molte ipotesi, per trovarci pronti, per non farci sorprendere da ciò che accade.

E se invece fosse proprio questa realtà spiazzante che accade, a fare di noi ciò che è bene che siamo?

Vi lascio con questa domanda produttiva, sperando che vi sia utile, come è stata utile a me.

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